
Il crowdfunding, in particolare quello mirato alla nascita di un progetto imprenditoriale, può essere un’utile risorsa per le finanze aziendali, soprattutto se si guarda alle start-up innovative, che si trovano spesso a combattere con la stretta creditizia delle banche e il prematuro mercato italiano della finanza alternativa rappresentato da AIM – Mercato Alternativo del Capitale e dai fondi venture capital, spesso poco inclini a finanziare progetti troppo piccoli.
La situazione dell’Equity Crowdfunding in Italia
L’avvio dell’equity crowdfunding in Italia è stato tutt’altro che semplice: a due anni dall’introduzione della nuova normativa (Decreto Crescita bis e Regolamento CONSOB n. 18592) i risultati sono ancora molto lontani dall’essere reputati ottimali, a maggior ragione se vengono comparati con i livelli raggiunti in altri Paesi, quali Stati Uniti e Regno Unito, dove il fenomeno è ormai ben sviluppato (nel 2014 gli Stati Uniti hanno raccolto 787 milioni di dollari e il Regno Unito circa 111 milioni di euro).
Probabilmente il problema dell’equity crowdfunding nel nostro Paese va ricercato nell’ancora elevato timore con il quale si guarda all’uso di internet come canale di transazioni economiche e finanziarie, nella diffidenza nell’aprire il capitale sociale della propria azienda al pubblico, o persino nella bassa propensione al rischio degli italiani nei confronti degli investimenti nel capitale sociale di una nascente impresa. Quello che è certo è che analizzando la situazione attuale, l’equity crowdfunding risulta ancora poco sfruttato, soprattutto se teniamo conto della variegata offerta di piattaforme online presenti nel mercato italiano: delle 17 piattaforme online autorizzate in Italia, solo 7 risultano attive e hanno ospitato almeno un’offerta pubblica. Il totale dei progetti sinora pubblicati è 25, un numero esiguo in confronto alle 4.248 start-up attualmente interessate dalla normativa equity crowdfunding.
Chi sono gli investitori Equity Crowdfunding italiani?
Sebbene l’equity crowdfunding si rivolga per sua natura alla “folla”, col fine di raccogliere il finanziamento dal più esteso numero di sostenitori possibile senza discriminazione alcuna, i numeri registrati in Italia evidenziano come la maggior parte del capitale sia stato sottoscritto da un numero ristretto di investitori.
I dati pubblicati dalla CONSOB (aggiornati al 31 marzo 2015) mostrano come su 4 campagne di raccolta andate a buon fine il numero degli investitori complessivo ammonta a 134 unità (di cui 16 persone giuridiche) con una media di 33 investitori per offerta (un minimo di 3 ed un massimo di 75) e un apporto medio di ogni singola sottoscrizione pari a 9.907,42 euro (con una quota minima di 400 euro e una quota massima di 150.000 euro). Inoltre, la percentuale sottoscritta in media dagli investitori professionali è stata del 12,42% dell’obiettivo della raccolta. Un valore alto se si pensa che è quasi due superiore alla quota di investimento del 5% riservato dal Regolamento agli investitori professionali o ad incubatori di start-up o a fondazioni bancarie.
Un altro elemento di particolare rilievo è quello relativo ai numeri degli investimenti minimi: gli investimenti sotto-soglia (500 euro se persone fisiche, 5.000 se persone giuridiche) hanno riguardato 67 soggetti su 134 che detengono meno del 4% del capitale complessivamente offerto.
Questi dati lasciano presupporre che, nella situazione attuale, l’equity crowdfunding italiano abbia trovato il proprio pubblico di riferimento negli investitori che hanno già un’esperienza in ambito finanziario e che vedono lo strumento come un’ulteriore possibilità d’investimento, piuttosto che attirare la vasta “folla” di piccoli investitori retail.
Persone Fisiche | Investimenti sotto-soglia | Investimenti sopra-soglia | Totale |
Numero sottoscrittori | 57 | 59 | 116 |
Capitale sottoscritto | €27.022 (3,4%) | €758.570 (96,6%) | €785.592 |
Capitale medio sottoscritto pro capite | €474 | €12.857 | €6.665 |
Persone Giuridiche | Investimenti sotto-soglia | Investimenti sopra-soglia | Totale |
Numero sottoscrittori | 10 | 5 | 15 |
Capitale sottoscritto | €23.169 (8,5%) | €249.019 (91,5%) | €272.188 |
Capitale medio sottoscritto pro capite | €2.317 | €49.804 | €26.060 |
Totale | Investimenti sotto-soglia | Investimenti sopra-soglia | Totale |
Numero sottoscrittori | 67 | 64 | 132 |
Capitale sottoscritto | €50.191 | €1.007.589 | €1.307.780 |
Capitale medio sottoscritto pro capite | €9.907 |
I passi da fare sono tutt’altro che conclusi
Le precedenti evidenze e soprattutto, il numero esiguo di campagne concluse finora con successo (in data 10 ottobre risultano 8), mostrano la necessità di svolgere ulteriori passaggi d’approfondimento per comprendere se i ritardi nell’avvio dell’equity crowdfunding italiano possano in qualche modo essere collegati a delle peculiarità insite nel mercato italiano, come la diffidenza da parte delle aziende ad aprire il proprio capitale sociale all’equity crowdfunding, o sia dovuto piuttosto a degli elementi poco funzionali della normativa che appesantiscono la capacità del gestore di offrire uno strumento più semplice e dinamico.
Attualmente la disciplina equity crowdfunding prevede delle norme di tutela degli investitori che potrebbero, di fatto, disincentivare molta gente ad utilizzare questo strumento. Basti pensare all’obbligatorietà di effettuare la profilatura del cliente presso una banca o impresa di investimento secondo la procedura dettata dalla Direttiva MiFID qualora venissero superate determinate soglie di investimento (500 euro se persone fisiche, 5.000 se persone giuridiche), o all’obbligo per ogni offerta di capitale di destinare una quota di almeno il 5% agli investitori professionali o a fondazioni bancarie o ad incubatori di start-up innovative per validare la campagna di raccolta.
Il 19 giugno 2015 la CONSOB ha annunciato l’avvio di una consultazione pubblica della durata di tre settimane in vista della prossima revisione del Regolamento, allo scopo di raccogliere le considerazioni relative ai primi due anni di attività da parte degli operatori del settore e per recepire le nuove modifiche apportate alla normativa primaria dal Decreto Legge n. 3 del 24 gennaio 2015 (Investment Compact) che, tra le varie modifiche e integrazioni, ha esteso alle PMI innovative la possibilità di ricorre all’Equity Crowdfunding per la raccolta di capitale sociale.
L’ingresso delle PMI innovative potrebbe portare dei notevoli margini di miglioramento al mercato, in quanto si tratta di società che possono vantare una storia economica più solida sulla quale basare le valutazioni d’investimento e, di conseguenza, garantire un minore rischio di perdita agli investitori, soprattutto quelli non professionali.
Aggiornamento del 30 gennaio 2016:
Il 3 dicembre scorso (2015) la CONSOB ha avviato una nuova fase di consultazione (probabilmente quella decisiva) sottoponendo all’attenzione degli operatori del settore la bozza definitiva del nuovo regolamento sull’Equity Crowdfunding.
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